Clandestino

Scogliere a picco sul mare, fichi d’india, baie incontaminate, scenari antichi, io sono Lampedusa ultimo scoglio o primo confine tra Europa e Africa.
Barche distrutte, cenci bagnati, coperte lise, sguardi atterriti, io sono un clandestino o un profugo o un rifugiato oppure solo un essere umano senza risposte.
Arrivano così ammassati su barconi insicuri, proprietari solo delle loro emozioni, di sentimenti contrastanti tra la paura di essere rimpatriati e la speranza di poter cominciare una vita nuova in un qualunque posto dove esista almeno una possibilità. 
Molti i minori non accompagnati, un bambino gioca a nascondino inconsapevole di tutto, sta aspettando con gli altri che qualcuno gli assegni un futuro. 
Benvenuti a Lampedusa.
Non riesco a percepire guardando i loro occhi un potenziale pericolo per l’economia europea, vedo solo essere umani bisognosi di aiuto.
Le barche che sono state per giorni la loro casa sono delle latrine a cielo aperto, sono rimasti sul fondo residui di cibo e vestiti mischiati con i resti delle ultime speranze di arrivare vivi in Europa.
Questa è la mia casa, la mia terra, io ti accolgo, ti sostengo, ti aiuto, io sono un “lampedu-santo” e mi hanno promesso il nobel per la pace. 
Ora basta, ora siamo pieni, anche la tolleranza ha un limite e io rivoglio la mia isola, la mia barca da pescatore che hai distrutto per rabbia, la mia spiaggia che hai sporcato per insofferenza, la mia rimessa di cui ti sei appropriato per dormire e da cui mi hai espropriato per necessità. Adesso pensi lo Stato ad aiutarti, io rivoglio la mia tranquillità…
Parli arabo o francese? Per quanto tempo hai viaggiato? Da cosa fuggi? … Io sono un giornalista e aspetto il tuo sbarco appostato sulla “Collinetta della vergogna”, ti vedo arrivare da lontano, racconto quello che succede, mi getto sulla notizia, sperando, a volte, nella tragedia. Capita che si diventi solo l’ombra di un essere umano.
Accompagnarli a piccoli gruppi, farli sostare in maniera ordinata, guidarli in fila indiana sull’autobus, scortarli nelle tende della Croce Rossa. Io sono un poliziotto, un carabiniere, un finanziere, faccio il mio lavoro. Munito di mascherina assisto questa gente per dovere e quando ho tempo mi fermo a pensare.
Io sono il mare, calmo e invitante e allo stesso tempo implacabile e feroce, io mi prendo la tua ultima possibilità, la tua fiducia nel futuro, la tua barca che affonda con il tuo diritto ad esistere.
Mohammed cerca il fratello lo fa con garbo, si aggira sulla spiaggia mostrando una fotografia, ha quasi paura di disturbare mentre si avvicina silenzioso. Mi colpisce la sua tranquillità che non è rassegnazione ma forza e decisione di chi sente, in forza di un legame di sangue, che non può abbandonare la ricerca.
250 scomparsi, uomini, donne, bambini i cui corpi sono spariti nel nulla, nessuno sa esattamente cosa sia stato di loro, dove siano sepolti, se siano stati sepolti. Non lo sa Chiesa, non lo sa polizia, non lo sanno i soccorritori.
Questa è Italia, Africa o terra di nessuno?

Clandestine

Cliffs overlooking the sea, prickly pears, pristine bays, ancient scenery, I am Lampedusa, the last rock or first border between Europe and Africa.
Destroyed boats, wet rags, worn blankets, terrified looks, I am an illegal immigrant or a refugee or a refugee or just a human being without answers.
Thus they arrive crowded on insecure boats, owners only of their emotions, of conflicting feelings between the fear of being repatriated and the hope of being able to start a new life in any place where there is at least one possibility.
There are many unaccompanied minors, a child plays hide and seek unaware of everything, he is waiting with the others for someone to assign him a future.
Welcome to Lampedusa.
I cannot see a potential danger to the European economy by looking into their eyes, I only see human beings in need of help.
The boats that have been their home for days are open-air latrines, left on the bottom leftovers of food and clothing mixed with the remains of the last hopes of arriving alive in Europe.
This is my home, my land, I welcome you, I support you, I help you, I am a "Lampedu-saint" and they promised me the Nobel Peace Prize.
That's enough, now we're full, even tolerance has a limit and I want my island back, my fishing boat that you destroyed out of anger, my beach that you soiled out of intolerance, my boathouse that you appropriated to sleep and from which you dispossessed me out of necessity. Now let the state help you, I want my peace of mind...
Do you speak Arabic or French? How long have you travelled? What are you running from? … I am a journalist and I await your landing stationed on the “Collinetta della Shame”, I see you arriving from afar, I tell what happens, I throw myself on the news, sometimes hoping for tragedy. It happens that you become only the shadow of a human being.
Accompany them in small groups, make them stop in an orderly manner, guide them in single file on the bus, escort them to the Red Cross tents. I am a policeman, a carabiniere, a financier, I do my job. Equipped with a mask I assist these people as a duty and when I have time I stop to think.
I am the sea, calm and inviting and at the same time relentless and fierce, I take your last chance, your faith in the future, your sinking boat with your right to exist.
Mohammed looks for his brother, he does it politely, he wanders around the beach showing a photograph, he is almost afraid to disturb as he silently approaches. I am struck by his tranquility which is not resignation but the strength and decision of one who feels, by virtue of a blood bond, that he cannot abandon his research.
250 missing, men, women, children whose bodies disappeared into thin air, nobody knows exactly what became of them, where they are buried, if they were buried. The Church doesn't know it, the police don't know it, the rescuers don't know it.
Is this Italy, Africa or no man’s land?